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  Mario Tursi  
 

Biografia:

Mario Tursi, classe 1929, nasce a Roma da una famiglia di fotografi: il padre fotoincisore, la madre  fotografa e direttrice di laboratori fotogra­fici. Gia negli anni 1943-1944 e in strada a scattare fotografie per lo studio Lombardini. Dopo la liberazione lavora in Vaticano, assunto dall'agenzia Giordani, fotografi uffi­ciali della Santa Sede. Dopo un anno si trasferisce al quotidiano "Momento Sera", distaccato li dall'agenzia VEDO per cui lavora, diretta da Adolfo Porry Pastorel, una figura storica del fotogiornalismo italiano. Lavora anche per l'Associated Press, poi arrivano i reportage in tutto il mondo. Il cinema comincia a seguirlo negli anni 1953-1954 in circostanze curiose. Porry Pastorel diviene sindaco di San Pietro Romano, un paesino nelle vicinanze di Roma, dove girano Pane amore e fantasia. Ed e proprio Porry a spin­gere perché il film venga girato la. Cosi Mario segue saltuaria­mente la lavorazione. Dopo quell'impegno ne vengono altri. Tutti seguiti come fotoreporter non come fotografo di sce­na. Ci sono poi gli special per gli americani. Infine arriva il primo film come fotografo di scena, nel 1962: Mare matto di Renato Castellani. Nel 1956 rileva l'agenzia VEDO e ne diviene direttore. Nel 1965 passa definitivamente al cinema e quindi decide di chiudere l'agenzia. Ammira molto il lavoro di Poletto, di Paul Ronald e di Pierluigi, ma lavora senza punti di riferimento. Quello che vuole assolutamente evitare e lo scatto da fotoromanzo,­ tecnicamente perfetto ma privo di vita. I "quadret­ti" ben riusciti non gli sono mai piaciuti molto. Sono molti i ricordi che lo legano a Luchino Visconti. Citiamo un episodio significativo del rapporto che si era instaurato tra loro raccontato da Mario: " Eravamo sul set de La caduta degli dei. Si doveva girare la scena dell'incesto tra la Thulin e Berger, una sce­na scabrosa da molti punti di vista. Dal momento che gli attori erano entrambi nudi sul letto, la Thulin aveva chiesto espressamente che non venissero fatte foto di scena. Vi­sconti mi disse: "Non vuole, quindi non fare fotografie". Io provai ad obiettare qualcosa ma lui secco rispose: "Non si fa e basta". Si girava nel teatro 5 di Cinecitta, all'interno del quale, in un angolo, era stata montata la scenografia della camera da letto. Tutto intorno era buio e la troupe ridotta al mini­mo. Io, in silenzio, mi muovevo per il teatro alla ricerca di un buon punto di visuale e mi dicevo: "Bisogna farle queste fotografie, la scena e troppo importante". Mi piazzai in un angolo buio, caricai un 300, misi la macchina sul cavalletto e scattai, non visto, le foto. Qualche giorno dopo, presen­tai, com'era abitudine, a Visconti le foto scattate nel corso di quei giorni, escluse naturalmente quelle 'vietate'. Vi­sconti mi fa: "E quelle dell'incesto?". Io ribatto: "Come le foto dell'incesto? Ho implorato di farle ma mi e stato espres­samente proibito!". Visconti continua: "Non le hai fatte?". "Non le ho fatte no!" rispondo. "Non e possibile!" aggiunge Visconti incredulo. Vista poi la sua delusione, confessai che mi ero permesso ugualmente di farle. "Dai dai, tirale fuori" mi ordino sorridendo. Questo per far capire come fosse importante 'interpretare' quello che lui voleva." Un altro regista con cui si e trovato benissimo e Elio Petri con Indagine su un cittadi­no al di sopra di ogni sospetto, film che vince l'Oscar. E poi Pasolini (definito da Tursi un gran signore, che non imponeva mai niente ed usava sempre una estrema cortesia),  e ancora dalla Wertmuller a Petri, da Rappeneau a  Bunuel, dalla Cavani a  Rosi,  da Lattuada a Scola, da Polanski a  Benigni e Troisi (con quest'ultimo s'era istaurato fin da subito un rapporto quasi filiale) fino alla collaborazione con Scorsese  nel film  girato a Cinecitta "Gangs of N.Y." con cui termina la sua carriera di fotografo di scena.